Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo |
Poiché il popolo era in attesa |
L’attesa messianica accompagna da sempre la storia del popolo ebraico. Ha la caratteristica del divenire, la coscienza che non tutto è compiuto, che Dio ha ancora da portare a termine la creazione.
Ai motivi religiosi si sommano condizioni di crisi generali che acuiscono l’ansia dell’attesa; le situazioni politico-religiose, la mancanza di libertà, difficoltà economiche e sociali rimandano la loro soluzione verso il futuro, più forte è il disagio più l’esigenza di salvezza si fa pregnante, più si tende a rendere intensa e breve l’ansia della attesa. Purtroppo, quando la crisi è percepita più gravemente, si manifesta il fanatismo collettivo e facilmente si cercano scorciatoie anche violente.
Lo scontro culturale tra il mondo giudaico e quello ellenico, il domino dei romani, la formazione di latifondi e la povertà portò, nel 66-70 d.c., alla rivolta giudaica culminata con la distruzione di Gerusalemme. In questo contesto è la predicazione di Giovanni Battista.
Anche l’attuale crisi mondiale porta con sé aspettative di soluzione ma anche segni di rivolta violenti non dissimili da quelli degli Zeloti al tempo di Gesù. Certo che altre sono le tecnologie e gli strumenti di distruzione e sopraffazione, altre strategie di terrore sono messe in campo, il tutto accentuato dal clamore mediatico che in qualche misura ne incentiva la virulenza. |
Io vi battezzo con acqua |
BaptÍzō è italianizzato in battezzo. Questo verbo ha il senso della immersione permanente [il medico greco Nicander, nel 200 d.c. lo usa per la ricetta dei sottaceti che prima vanno immersi provvisoriamente (bapto) in acqua bollente e poi immersi definitivamente (baptÍzō) nell’aceto]. Il battesimo predicato (Lc 3,3) da Giovanni era richiamo alla conversione, cambiamento permanente della vita. Nel nostro brano per tre volte è chiesto «Che cosa dobbiamo fare?», la pratica del battesimo doveva avere necessariamente delle ricadute nella vita, produrre dei cambiamenti. Il senso della immersione nell’acqua lo si dà nella immersione nella novità di vita che da esso nasce. È interessante che le risposte di Giovanni non riguardano né Dio né la religione. Il cambiamento vero di vita non lo si ha in una vita più devozionale o religiosa piuttosto in relazioni umane nuove, nella giustizia e nella solidarietà.
È quello che ci è chiesto in questo Giubileo della Misericordia in cui aprire porte piuttosto che mettere chiavistelli e fili spinati. |
vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco |
Giovanni Battista, che cammina innanzi al Signore è «con lo spirito e la forza di Elia» (Lc 1,17), annunzia Cristo come colui che «battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (Lc 3, 16), quello Spirito di cui Gesù dirà: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49) (CCC696).
L’immagine del fuoco richiama la manifestazione di Dio, come nel roveto e sull’Oreb; evoca una nuova creazione, traduce una sorta di immersione nella tribolazione come nella passione del Cristo e sulla Croce. Il fuoco ha la funzione di scaldare, illuminare, fondere, purificare; brucia come l’amore, che le grandi acque non possono spegnere (Ct 8,7), è forte come la morte e conferma nella fede ardendo nel cuore (cf. Lc 24,32).
L’immersione nell’acqua ha il significato del passaggio a vita nuova, l’immersione nel fuoco purifica e ci libera dalla tiepidezza che è vomitata da Dio (cf Ap 3,15-16), l’immersione nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, dona la forza e l’energia che dallo Spirito proviene. La vita del battezzato diviene vita nello Spirito Santo tanto da abitare nello Spirito è diventare sua dimora: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? (1 Cor 3,16). Allora comprenderemo che lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio (Rm 8,16) e per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!» (Rm 8,15). |